Avete riconosciuto la fotografia in apertura?
Forse no, perchè si tratta di un oggetto raro, un tempo preziosissimo e oggi esposto a Cascina Farisengo. Stiamo parlando di una incubatrice per la bachicoltura (bachi da seta)…
La bachicoltura
La bachicoltura e l’allevamento dei bachi da seta era tipico nella campagna cremonese. Si trattava di un’importante risorsa economica per il sostentamento delle famiglie contadine.
I bachi venivano allevati in casa, al caldo, in appositi arèle, graticci formati con piccoli fasci di canne.
Nei locali di abitazione, la famiglia contadina faceva spazio alle impalcature a vari piani in legno che sostenevano i graticci.
I bozzoli erano raccolti nella filanda, stufati, essiccati in forno in modo che il calore uccidesse il baco per evitare il foramento del bozzolo con conseguente rottura della bava.
Le fasi della lavorazione della seta
• Cernita – i bozzoli venivano scelti dividendoli per qualità.
• Spelaiatura – eliminazione della peluria che circonda il bozzolo.
• Scopinatura – operazione che permetteva di trovare il capo della bava, svolta mettendo il bozzolo a bagno in vasche con acqua a 75-80°. L’alta temperatura scioglie la colla (sericina) che lo tiene unito; con uno scopino si acchiappa quindi il capo.
• Trattura o (impropriamente) filatura – srotolamento della bava che veniva arrotolata su di un aspo
• Imbozzimatura – trattamento con sostanze oleose.
• Incannaggio – trasferimento dalle matasse degli aspi ai rocchetti.
• Binatura – accoppiamento di due o più capi per ottenere un filo di dimensione sufficiente.
• Torcitura – torsione dei fili per renderli resistenti.
• Sgommatura – lavaggio del filato.
• Carica – reintegrazione dei principi persi durante le fasi di lavorazione.
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